A partire dagli anni settanta vi furono i primi studi storici sugli eccidi da parte dell'INSMLI, con contributi di Galliano Fogar, Giovanni Miccoli e Teodoro Sala. Simili repressioni furono, inoltre, caratteristiche dell'ascesa al potere di gran parte dei regimi comunisti del periodo (che all'epoca coincidevano con lo stalinisimo), fatto che ha spesso portato a presentare le foibe come un "crimine del comunismo". In particolare, in alcuni ambienti della destra si afferma che le foibe sono state semplicemente un crimine del comunismo (spregiativamente denominato "barbarie slavocomunista"), un genocidio di cittadini inermi che avevano la "sola colpa di essere italiani"[141], in preparazione alla successiva pulizia etnica. In alternativa le vie sono dedicate a singoli personaggi trucidati nei massacri come Norma Cossetto, Riccardo Gigante e altri meno noti ma legati alla storia di quella città o comune[222]. Tali uccisioni ebbero una matrice esclusivamente politica, rimanendo esclusa quella etnica, intendendo il costituendo regime comunista, « oltre a fare i conti con il fascismo, eliminare tutti gli oppositori, anche solo potenziali... »[96][97][98][99]. Con la legge n°92 del 30 marzo 2004[209] in Italia è stato istituito, nella giornata del 10 febbraio di ogni anno, il "Giorno del ricordo", in memoria delle vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata. Trascorso il dopoguerra, la vicenda è stata a lungo trascurata per i convergenti interessi di governo e opposizione[129]. .». Nel corso della riunione del consiglio dei ministri del 12 novembre 1866 l'imperatore Francesco Giuseppe delineò compiutamente in tal senso un piano di ampio respiro: Il Litorale austriaco, poi ribattezzato Venezia Giulia, che fu assegnato all'Italia nel 1920 con il trattato di Rapallo (con ritocchi del suo confine nel 1924 dopo il trattato di Roma) e che fu poi ceduto alla Jugoslavia nel 1947 con i trattati di Parigi, Aree annesse all'Italia nel 1920 e rimaste italiane anche dopo il 1947, Aree annesse all'Italia nel 1920, passate al Territorio Libero di Trieste nel 1947 con i trattati di Parigi e assegnate definitivamente all'Italia nel 1975 con il trattato di Osimo, Aree annesse all'Italia nel 1920, passate al Territorio Libero di Trieste nel 1947 con i trattati di Parigi e assegnate definitivamente alla Jugoslavia nel 1975 con il trattato di Osimo, «Sua Maestà ha espresso il preciso ordine che si agisca in modo deciso contro l'influenza degli elementi italiani ancora presenti in alcune regioni della Corona e, occupando opportunamente i posti degli impiegati pubblici, giudiziari, dei maestri come pure con lâinfluenza della stampa, si operi nel Tirolo del Sud, in Dalmazia e sul Litorale per la germanizzazione e la slavizzazione di detti territori a seconda delle circostanze, con energia e senza riguardo alcuno. Fra gli altri furono uccisi i fratelli Nicolò e Pietro Luxardo (industriali, produttori del celebre liquore maraschino): secondo alcune testimonianze Nicolò fu annegato in mare[65]. Tale epurazione nella Venezia Giulia combinava, in modo inscindibile, obiettivi di rivalsa nazionale e di affermazione ideologica, nonché di riscatto sociale, e voleva eliminare tutti i potenziali oppositori (reali o meno) del disegno politico di Tito. Foibe, Mattarella: "No ai negazionismi, non fu una ritorsione contro i torti del fascismo. Tali problematiche si sommarono alle preesistenti tensioni nazionali e al diffondersi dell'idea di "vittoria mutilata" e divennero un fertile terreno per l'affermazione del nascente fascismo, che si proponeva come tutore dell'italianità e del mantenimento dell'ordine nazionale della Venezia Giulia, talvolta con il tacito appoggio delle autorità . ), pagg. Le rivendicazioni di Tito, tuttavia, includevano anche la maggior parte del Friuli, volendo portare il confine al Tagliamento. Con la fine della guerra fredda, nei primi anni novanta, il tema delle foibe tornò a riscuotere anche l'interesse dei mass media. Dal censimento jugoslavo del 1971 in Istria e nel Quarnaro erano rimasti 17.516 italiani su un totale di 432.136 abitanti. PuntuRe Antifascismo mitologico in affanno, tra il dottorato di Liliana Segre e il discorso di Mattarella sulle foibe. I partigiani cercarono di ostacolare i tedeschi con imboscate, colpi di mano e agguati: questi reagirono colpendo la popolazione civile, anche di etnia italiana, con fucilazioni indiscriminate, violenze, incendi di villaggi e saccheggi. Le stragi giuliane del 1945, non ebbero nulla a che vedere con la Resistenza italiana, non solo perché essa non vi partecipò, ma soprattutto perché i contesti in cui agirono i due movimenti di resistenza furono profondamente diversi. Secondo le stime più attendibili, le vittime del 1943 nella Venezia Giulia si aggirano sulle 600-700 persone[61]. Subito dopo vidi precipitare altri quattro compagni colpiti da raffiche di mitra e percepii le parole "un'altra volta li butteremo di qua, è più comodo", pronunciate da uno degli assassini. 18. La tesi è stata sostenuta fino ad anni recenti, e oggi (...), viene ancora menzionata (...), anche se è sempre più pacifica(...) la constatazione del movente politico dei fatti. Il Governo italiano, nel 2007, rispondendo a un'interrogazione parlamentare del deputato Cardano, ha precisato che, godendo già la Relazione della Commissione bilaterale dello status di ufficialità ed essendo passati ormai ben 7 anni dalla sua prima pubblicazione sulla stampa e dal riconoscimento ufficiale del Governo sloveno, non riteneva necessario pubblicarla in quanto essa godeva già dello status di ufficialità e, confermando la sua veridicità , ne ha auspicato la diffusione nel mondo della cultura e della scuola[91]. Tali violenze però, si svolsero al di fuori delle strutture di uno Stato che sarebbe stato, da lì a poco, ricostruito secondo principi democratici e liberali e che non era nemmeno collegabile a nessun disegno politico complessivo, poiché l'ipotesi di una presa del potere rivoluzionaria era stata scartata dal PCI. Il Governo sloveno ha salutato con soddisfazione la pubblicazione della relazione I rapporti italo-sloveni dal 1880 al 1956[208], consegnata nel 2000 dalla Commissione mista storico-culturale italo-slovena, appositamente istituita nell'ottobre 1993 su iniziativa dei Ministri degli Esteri d'Italia e Slovenia. Peraltro Foiba è il nome di un torrente che si getta in un celebre e imponente inghiottitoio carsico e non indica quindi le "foibe" nel loro complesso, ma nel significato originario indica sia il torrente che il suo inghiottito dove il torrente termina. Nell'esilio furono coinvolti tutti i territori ceduti dall'Italia alla Jugoslavia con il trattato di Parigi e anche la Dalmazia, dove vivevano i dalmati italiani. Poiché non mi muovevo, mi sparò contro. «No, furono un prodotto del fascismo», da il Gazzettino del 31/01/2013, lo studio più documentato ed esaustivo sulla politica del Partito comunista italiano nei confronti delle rivendicazioni jugoslave sui territori passati all'Italia con il Trattato di Rapallo, Pier Paolo Pasolini sull'Eccidio di Porzûs. Tra i caduti figurano non solo personalità legate al Partito Nazionale Fascista, ma anche ufficiali, funzionari e dipendenti pubblici, insegnanti, impiegati bancari, sacerdoti, parte dell'alta dirigenza italiana contraria sia al comunismo, sia al fascismo, tra cui compaiono esponenti di organizzazioni partigiane o anti-fasciste, autonomisti fiumani seguaci di Riccardo Zanella, collaboratori e nazionalisti radicali e semplici cittadini. In Italia le zone liberate furono spesso teatro di svariate azioni violente, che segnarono la brutale conclusione di conflitti che si erano aperti fin dai primi anni venti. Tornato nascostamente al mio paese, per tema di ricadere nelle grinfie dei miei persecutori, fuggii a Pola. Istria: le persecuzioni, le foibe, l'esilio, Metamorfosi etniche. Ma esso è lo scenario, e il dramma che vi si svolse aveva sostanza politica. Le società segrete irredentiste slave, preesistenti allo scoppio della Grande Guerra, si fusero in gruppi più grandi a carattere eversivo, come la Borba e il TIGR, che si resero responsabili di numerosi attacchi a militari, civili e infrastrutture italiane. Malgrado la loro infondatezza sia ormai stata dimostrata, hanno mantenuto una forte diffusione fino ai giorni nostri, in quanto «si prestano ad un uso politico che non è mai venuto a meno, mentre le semplificazioni, spesso assai grevi, di cui sono intessute, ne favoriscono l'utilizzo da parte dei mezzi di comunicazione »[126]. TEMA STORICO SULLE FOIBE - Ecco il discorso dell'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano pronunciato in occasione del Giorno del Ricordo del 10 febbraio 2007:. Molte città italiane, con amministrazioni di maggioranze politicamente diverse, hanno deciso di dedicare una via o una piazza alle vittime dei massacri delle foibe. Nel 1992 è stato istituito un procedimento giudiziario in Italia contro alcuni dei responsabili dei massacri ancora in vita[215]. In possesso di queste informazioni il Governo De Gasperi, nel maggio 1945, chiese ragione a Tito di 2.500 morti e 7.500 scomparsi nella Venezia Giulia. L'impulso primo della repressione partì da un movimento rivoluzionario che si stava trasformando in regime, convertendo quindi in violenza di Stato l'animosità nazionale e ideologica diffusa nei quadri partigiani.»[135]. Angelo del Boca, Italiani, brava gente?, pagina 236, Vicenza 2005, L'Italia in guerra e il Governatorato di Dalmazia, Fondo Gasparotto presso Fondazione ISEC (Istituto per la Storia dell'Età Contemporanea, Sesto S.Giovanni, Mi); War Crimes Commission ONU, Crowcass (Central register of war criminals and security sospects) presso Wiener Library, Londra rintracciato dalla storica Caterina Abbati; BBC, Fascist legacy, Londra 1990. à diffuso, inoltre, un atteggiamento "riduzionista"[145] che contesta il numero delle vittime delle foibe correggendolo al ribasso e che sostiene che gli eccidi abbiano coinvolto essenzialmente esponenti fascisti, sia militari sia civili, responsabili di repressioni e di crimini di guerra italiani in Jugoslavia[146][147]. La Croazia fu dichiarata indipendente con il nome di Stato Indipendente di Croazia, il cui governo fu affidato al partito ultranazionalista degli ustascia, con a capo Ante PaveliÄ. L'Operazione Nubifragio si concluse il 9 ottobre con la conquista di Rovigno. E va ricordata - torno alle parole del Professor Barbi - la “congiura del silenzio”, “la fase meno drammatica ma ancor più amara e demoralizzante dell’oblio”. Foibe, lâorrore non può essere giustificato, Dalla Slovenia (via Einaudi) un altro falso storico sulle foibe, Cobol italianizzò successivamente il proprio cognome in "Cobolli", aggiungendovi "Gigli", lo pseudonimo che utilizzò dopo il suo arruolamento nel Regio Esercito Italiano, Da osservare, di nuovo, che Cobolli si riferisce all'abisso noto come ", Intervento al convegno "La guerra è orrore - Le foibe tra fascismo, guerra e resistenza", Venezia, 13 dicembre 2003 (convegno organizzato da, Predrag MatvejeviÄ: le foibe e i crimini che le hanno precedute, In tale relazione si afferma che per i giuliani favorevoli all'Italia «l'occupazione jugoslava [fu] come il momento più buio della loro storia, anche perché essa si accompagnò nella zona di Trieste, nel goriziano e nel capodistriano ad un'ondata di violenza che trovò espressione nell'arresto di molte migliaia di persone, - in larga maggioranza italiane, ma anche slovene contrarie al progetto politico comunista jugoslavo -, parte delle quali vennero a più riprese rilasciate; in centinaia di esecuzioni sommarie immediate - le cui vittime vennero in genere gettate nelle "foibe"; nella deportazione di un gran numero di militari e civili, parte dei quali perì di stenti o venne liquidata nel corso dei trasferimenti, nelle carceri e nei campi di prigionia (fra i quali va ricordato quello di Borovnica), creati in diverse zone della Jugoslavia. Il nome deriva dai grandi inghiottitoi carsici, che nella Venezia Giulia sono chiamati "foibe", dove furono gettati molti dei corpi delle vittime. Otto anni dopo, nel 1932, Cobol (che nel frattempo aveva aderito al fascismo) in un articolo edito sull'organo del PNF "Gerarchia"[194] scrisse: «La musa istriana ha chiamato Foiba[195] degno posto di sepoltura per chi nella provincia d'Istria minaccia le caratteristiche nazionali dell'Istria». Gli atroci crimini commessi non hanno giustificazione alcuna.». Claudia Cernigoi ha reagito molto duramente a tale accusa, con due articoli apparsi sulla rivista on-line La Nuova Alabarda, da lei diretta, a marzo del 2003[178] e a febbraio del 2007[179], nei quali ha affermato di ritenere «inesatta e fuorviante, oltreché offensiva, questa definizione» e ribadendo che - a suo dire - sulle foibe sarebbe stata artatamente creata una «mitologia (...) a scopi politici», «a scopo anticomunista, antipartigiano e soprattutto in funzione razzista contro i popoli della ex Jugoslavia (...)», augurandosi nel contempo che in Italia non si fosse «già arrivati al fascismo completo». Questa interpretazione dei fatti, non sottovaluta il fondamentale ruolo del nazionalismo sloveno e croato e del loro inserimento nell'ambito della politica di potenza della nuova Jugoslavia e pone al centro dell'attenzione il problema dell'affermazione del comunismo mediante la lotta armata, evidenziando inoltre la differenza fra la resistenza nella Venezia Giulia e quella del resto d'Italia. Istituto friulano per la storia del Movimento di liberazione. L'atteggiamento del Partito Comunista Italiano nei confronti della questione dei confini orientali italiani fu ambiguo[150]: già nel corso del conflitto esso aveva acconsentito a lasciare la Venezia Giulia e il Friuli orientale sotto il controllo militare dei partigiani di Tito[151], avallando così la successiva occupazione jugoslava[152]: fu per questo motivo che venne ordinato ai partigiani operanti nella regione di porsi sotto il controllo del comando jugoslavo (e fu proprio in tale contesto che maturò l'eccidio di Porzûs[153]). L'impulso primo della repressione partì da un movimento rivoluzionario che si stava trasformando in regime, convertendo quindi in violenza di Stato l'animosità nazionale e ideologica diffusa nei quadri partigiani.». Nel 1982 Giovanni Spadolini, Presidente del Consiglio dei ministri, dichiarò le foibe di Basovizza e di Monrupino, ossia le uniche due foibe ove avvennero uccisioni esistenti nel territorio della Repubblica Italiana, monumenti di interesse nazionale; nel 2004 entrambi i luoghi divennero monumento nazionale[133]. Dopo la liberazione dall'occupazione tedesca, a partire dal maggio del 1945, nelle province di Gorizia, Trieste, Pola e Fiume il potere venne assunto dalle forze partigiane jugoslave; tale periodo fu funestato da arresti, sparizioni e uccisioni di centinaia di persone, alcune delle quali gettate nelle foibe ancora vive. Nella primavera del 1945 gli jugoslavi crearono una nuova Armata â la IV, al comando del giovane generale Petar DrapÅ¡in â con il compito di puntare verso Fiume, l'Istria e Trieste. A partire dalla fine degli anni ottanta una serie di studi ad opera di Elio Apih, Raoul Pupo e Roberto Spazzali, hanno evidenziato il nesso tra gli eccidi del 1945 e le stragi jugoslave, ossia quell'insieme di eccidi che hanno ovunque marcato la presa del potere in Jugoslavia, da parte di un movimento rivoluzionario a guida comunista, protagonista di una guerra che non era solo di liberazione, ma che era anche una feroce guerra civile, diretta all'eliminazione fisica degli avversari e che si trascinò, in termini di scontri armati e stragi, fino al 1946. Nell'aprile del 1941 l'Italia partecipò all'attacco dell'Asse contro la Jugoslavia, la quale, dopo la resa dell'esercito, avvenuta il giorno 17[49], e l'inizio della politica di occupazione, fu smembrata e parte dei suoi territori furono annessi agli stati invasori. Riportiamo un interessante articolo intorno alle foibe sulle pagine dell’ “Internazionale”, una rivista pubblica ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo. Anche su iniziativa degli ex comunisti[136], si pose l'attenzione su questi episodi, che iniziarono a essere ufficialmente ricordati. Il caro amico Professor Paolo Barbi - figura esemplare di rappresentante di quelle terre, di quelle popolazioni e delle loro sofferenze - ha mirabilmente ripercorso la sua esperienza: specie quando ha parlato del “sogno” e del progetto europeo in cui egli ed altri cercarono in modo illuminato il risarcimento e il riscatto oltre l’incubo del passato e l’amarezza del silenzio. Tra storia e mito", ha commentato: "La ricostruzione di Cernigoi, sebbene volta a contrastare letture tendenziose, cede anch'essa a omissioni e imprecisioni, soprattutto quando nega che tra gli infoibati e gli scomparsi vi fossero avversari politici e nazionali"[182]. Solo dopo la caduta del muro di Berlino - il più vistoso, ma purtroppo non l'unico simbolo della divisione europea - una paziente e coraggiosa opera di ricerca storiografica, non senza vani e inaccettabili tentativi di delegittimazione, ha fatto piena luce sulla tragedia delle foibe e del successivo esodo...». Uno degli scopi dichiarati dall'autrice è quello di «liberare finalmente anche gli Sloveni e la sinistra tutta da quel senso di colpa che si portano dietro come "infoibatori"»[170]. Così, si è scritto, in uno sforzo di analisi più distaccata, che già nello scatenarsi della prima ondata di cieca violenza in quelle terre, nell’autunno del 1943, si intrecciarono “giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento” della presenza italiana da quella che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia. Il tema del negazionismo sulle ricostruzioni storiche legate all’esodo giuliano-dalmata e le vittime delle foibe è riecheggiato stamani alla cerimonia organizzata dal Comune di … Ad esempio per lo storico Elio Apih, il nesso fra le foibe e gli scritti di Cobolli è "suggestivo e non credibile" e tali scritti, anche se definibili come "cattiva letteratura" e testimonianza di una "ostilità scherzosa", non possono essere certo presentati, retrospettivamente, come un antefatto alle stragi[196]. Solo una parte della destra ha sostenuto le ragioni delle vittime, sia pure strumentalizzandole in funzione anticomunista ed esagerando il loro numero. fucilazioni in massa fatte a casaccio e incendi dei paesi fatti per il solo gusto di distruggere [. Tale jacquerie si rivolse non solo verso i rappresentanti del regime fascista, ma anche verso gli italiani in quanto tali[95]. I primi insediamenti di popolazioni slave, giunte a seguito degli Avari, risalgono al IX secolo (sia in Istria che in Dalmazia)[23]. Il più noto fra gli irredentisti istriani fu Nazario Sauro, tenente di vascello della Regia Marina nel primo conflitto mondiale giustiziato dall'Austria-Ungheria: solo nel 1918 l'Istria fu "redenta" (ossia unita alla madre patria). Tra gli irredenti oltreconfine che si arruolarono nel Regio Esercito, ci fu anche Antonio Bergamas, volontario di Gradisca d'Isonzo, comune friulano annesso al Regno d'Italia solo dopo la guerra, morto in combattimento senza che il suo corpo fosse stato mai ritrovato. Nessuna parola sulle foibe. Un partigiano allora, in piedi col mitra puntato su di una roccia laterale, c'impose di seguirne l'esempio. Non perdere anche: Approfondimento sulle foibe, Anche di quella non dobbiamo tacere, assumendoci la responsabilità dell’aver negato, o teso a ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell’averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali. Aree assegnate all'Italia: l'area costituente la provincia di Lubiana, l'area accorpata alla provincia di Fiume e le aree costituenti il Governatorato di Dalmazia. La contrapposizione nazionale subì un nuovo e forte inasprimento. Boris GombaÄ, Atlante storico.... op. Di nuovo si verificarono uccisioni efferate, come quella dei democristiani Carlo Dell'Antonio e Romano Meneghello e di don Francesco Bonifacio, torturato e quindi assassinato (il suo corpo non è mai stato ritrovato); ritenuto martire in odium fidei dalla Chiesa, è stato beatificato nel 2008. La memoria degli avvenimenti rimase per lo più ristretta nell'ambito degli esuli, di qualche intellettuale anticonformista e di commemorazioni locali. In conseguenza della politica del Partito del Popolo, che conquistò gradualmente il potere, in Dalmazia si verificò una costante diminuzione della popolazione italiana, in un contesto di repressione che assunse anche tratti violenti[32]. In questo libro il numero degli infoibati nella provincia di Trieste per opera degli jugoslavi venne determinato in 517[171], oltre a ciò, per l'autrice, «non vi furono massacri indiscriminati: della maggior parte degli arrestati si sa che erano militari e comunque collaboratori del nazifascismo»[172]. Il documentario, che dura circa 44 minuti, è costituito da spezzoni di diciotto fra cinegiornali e filmati vari dell'Istituto Luce â prodotti fra il maggio del 1946 e l'aprile del 1956 â inframmezzati da foto d'epoca, testimonianze e brani storici. Foiba di Prepotto-Caoretto, vicino a Trieste. Trieste era stata occupata dalle truppe del Regno d'Italia il 3 novembre del 1918, al termine della prima guerra mondiale, e poi ufficialmente annessa all'Italia con la ratifica del Trattato di Rapallo del 1920: al termine della seconda, con l'Italia sconfitta, ci furono infatti le occupazioni militari tedesca e poi jugoslava. Durante tutta la durata del conflitto vennero perpetrati, da tutte le parti in causa, numerosi crimini di guerra[51]. Il 26 aprile 1909 - al termine di una lunga trattativa che aveva coinvolto il governo austriaco e i rappresentanti dei partiti dalmati - venne pubblicata un'ordinanza ministeriale concernente lâuso delle lingue presso le i.r. La qualificazione delle concause e dei fattori che possono essere alla base dei massacri delle foibe è un'operazione senza dubbio complessa. In gran parte delle stragi che caratterizzarono la seconda guerra mondiale, difatti, insorse la necessità pratica di seppellire o occultare in fretta e con poca fatica le vittime. «Si procede ad arresti, ad incendi [. La politica di collaborazione con i serbi locali, inaugurata dallo zaratino Ghiglianovich e dal raguseo Giovanni Avoscani, permise poi agli italiani la conquista dell'amministrazione comunale di Ragusa nel 1899. Nel 2003, il giornalista e scrittore Giacomo Scotti ha rilanciato la tesi[197] affermando, sulla base degli scritti di Cobolli, che le foibe sarebbero state un'"invenzione fascista"[198]. «...già nello scatenarsi della prima ondata di cieca violenza in quelle terre, nell'autunno del 1943, si intrecciarono "giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento" della presenza italiana da quella che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia. Storia della giornata della memoria 2020, frasi ed eventi per ricordare le vittime della Shoah… Continua, Giorno del Ricordo e Foibe: dove sono. La persecuzione colpì anche gli esponenti dei CLN, secondo una linea ampiamente usata anche a Trieste e Gorizia. Su questo dibattuto problema, gli storici italiani e sloveni hanno raggiunto conclusioni concordi, espresse nella Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena[90]: «Tali avvenimenti si verificarono in un clima di resa dei conti per la violenza fascista e di guerra e appaiono in larga misura il frutto di un progetto politico preordinato, in cui confluivano diverse spinte: l'impegno ad eliminare soggetti e strutture ricollegabili (anche al di là delle responsabilità personali) al fascismo, alla dominazione nazista, al collaborazionismo e allo stato italiano, assieme ad un disegno di epurazione preventiva di oppositori reali, potenziali o presunti tali, in funzione dell'avvento del regime comunista, e dell'annessione della Venezia Giulia al nuovo Stato jugoslavo. Conquistando, doverosamente, la dignità della memoria. Sul conflitto fra italiani e slavi a Trieste si veda: Tullia Catalan. Durante l'occupazione di Gorizia e di Trieste diverse migliaia di italiani furono arrestati, uccisi o deportati nei lager jugoslavi (soprattutto nel campo di lavoro e detenzione di Borovnica e nel carcere dell'OZNA di Lubiana)[86][87]. Quella dell'annegamento in mare legati a macigni è una pratica di cui sono state date varie testimonianze[66], tanto da divenire nell'immaginario popolare la "tipica" modalità di esecuzione delle vittime zaratine, similmente alle foibe in Venezia Giulia. Fiume fu occupata[73] il 3 maggio dagli jugoslavi, che avviarono in breve tempo un'intensa campagna di epurazione. Con la firma del trattato l'esodo s'intensificò ulteriormente. pag. I retroscena dei processi insabbiati, "Quando i soldati italiani fucilarono tutti gli abitanti di Podhum", Intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione della celebrazione del "Giorno del ricordo", Le Foibe e i campi di concentramento jugoslavi, Paolo Sardos Albertini (2002-05-08). Una quantificazione precisa delle vittime è impossibile a causa di una generale mancanza di documenti. Tale tesi è tuttora popolare nell'ambiente degli esuli e, presentandosi a facili strumentalizzazioni politiche, in talune frange della destra italiana. Foibe, il discorso di Mattarella: “Sciagura nazionale" “ Una sciagura nazionale alla quale i contemporanei non attribuirono – per superficialità o … I crimini in Jugoslavia e i processi negati (1941-1951)" a cura di C. Di Sante. La trasmissione ebbe una vasta audience[137], ma suscitò numerose polemiche per la grossolana approssimazione con cui veniva trattato il contesto storico della vicenda[138]. 22:20 | Le polemiche sulla commemorazione della Foiba di Basovizza. Lo sfruttamento del clima giustizialista per eliminare, oltre ai sostenitori del regime fascista, anche potenziali oppositori politici, accomuna, secondo lo storico Boris GombaÄ, i massacri delle foibe alle violenze perpetrate nello stesso periodo da gruppi radicali comunisti nel cosiddetto triangolo della morte in Emilia, dove, tra le migliaia di vittime della violenza insurrezionale, vi furono anche circa 400 tra proprietari terrieri, industriali, professionisti, preti e altri appartenenti alla borghesia, solo perché dichiaratisi anticomunisti[89]. ), Sull'assimilazione della minoranza tedesca in Slovenia si veda. I Nomi, I Luoghi, I Testimoni, I Documenti, "Foibe, fascisti e comunisti: vi spiego il Giorno del ricordo": parla lo storico Raoul Pupo, «In definitiva, le comunità italiane furono condotte a riconoscere l'impossibilità di mantenere la loro identità nazionale - intesa come complesso di modi di vivere e di sentire, ben oltre la sola dimensione politico-ideologica - nelle condizioni concretamente offerte dallo Stato jugoslavo e la loro decisione venne vissuta come una scelta di libertà », Relazione della Commissione mista storico-culturale italo-slovena, Antonio Ferrara, Niccolò Pianciola, Lâetà delle migrazioni forzate.